Gedda, la sua radice araba rimanda al verbo jadda, essere nuovo.
E in un’altra forma a tajaddada: rinnovarsi
Rinnovarsi vuol dire anche guardare altrove. Immaginare luoghi e sensazioni lasciandosi trasportare soltanto da un’idea. Ancora meglio, da un desiderio: se desiderare significa tendere a qualcosa di piacevole, allora il desiderio non può che amplificare in maniera armonica le rappresentazioni che abbiamo creato dentro di noi, nel profondo.
La visione del luogo diventa tangibile ancora prima del suo realizzarsi e ci pare di averla già assaporata dal vivo, di averne già in qualche modo fatto parte.
Così per me Gedda. Non l’ho mai vista ma sento già che mi si addice.
La sposa del Mar Rosso, adagiata elegantemente su una striscia d’acqua blu, è il rinnovo, la rinascita: lo spazio ideale per un essere mutevole.
Città di porto, affacciata sull’altrove, traspira aria salina da ogni dove. Sento nell’aria la brezza inebriante. S’involano gabbiani tutt’intorno.
La corniche a incorniciarla – gradevole passeggiata immersa nell’aria salubre, dove il marciapiede s’infrange netto contro il mare e lo sguardo in bilico si solleva a mirare l’orizzonte.
La corniche mi riporta alla mente Casablanca e Beirut: avrà quella saudita con le loro altro in comune oltre al nome francesizzante?
Non voglio nemmeno guardare le foto: attendo di goder la meraviglia sul posto: la quarantena interrompe il mio viaggio ma non smorza il desiderio, che ormai suscitato abbraccia confidente l’immaginazione.
Jadda in forma di sostantivo è in arabo anche la nonna. Si racconta che proprio a Gedda si trovi la tomba di Eva, nonna di tutta l’umanità.
Non posso quindi che immaginarmela saggia, le spalle larghe di una vita vissuta, le braccia rassicuranti di chi ha attraversato ogni età, lo sguardo fiero di una guerriera marina.
Così è (se mi pare).